Master in psiconcologia: la parola alla Prof.ssa De Caro

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master in psiconcologia

La dott.ssa Daniela Tunno, coordinatrice dei master di Adsum, ha intervistato la Prof. Maria De Caro, docente di psicologia clinica presso la scuola di Medicina e Chirurgia di Bari e presso il dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Bari.

Da quest’anno fa parte dei docenti del Master in Psiconcologia di Adsum.

Conosciamola insieme in questa intervista.

 

Dott.ssa Tunno:- “Chi è la professoressa De Caro?

 

Prof.ssa De Caro:– “Il mio incontro formativo con la psicologia nasce con una prima laurea in filosofia a Bari e una seconda laurea in psicologia clinica alla Sapienza di Roma; e qui nasce un connubio a livello proprio di passione che si è realizzata nell’impegno clinico e nel percorso di specializzazione in psicoterapia sistemico-relazionale.

Tale approccio mi ha permesso di sperimentarmi nella cura di pazienti con patologie organiche e nella cura alle loro famiglie, quindi, un lungo percorso di impegno che mi ha permesso di coniugare la pratica clinica con l’interesse per la ricerca, fornendomi l’opportunità di entrare nel mondo accademico.

Sono docente universitaria in psicologia clinica sia presso la scuola di Medicina e Chirurgia di Bari, che presso il dipartimento di Psicologia.

Il mio incarico didattico comprende vari insegnamenti tra cui anche un contributo alla scuola di specializzazione pubblica del ciclo di vita e altri curricula di specializzazione in master e corsi di formazione di alto livello.

Quello che sottolineo rispetto poi a tutto questo impegno, è l’essere responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Psicologia e Neuropsicologia Clinica presso l’Unità Operativa di Neurologia Amaducci del Policlinico di Bari.

Sono altresì presente come psicologa nell’equipe multidisciplinare facenti parte dei PDTA del Policlinico nelle neoplasie ginecologiche e in particolare grande attenzione alla “Breast Care Unit”.

 

 

Dott.ssa Tunno:- “Prof.ssa, ci racconti la sua esperienza nel campo della psiconcologia?

 

Prof.ssa De Caro:– “Bene, grazie per questa domanda. La mia esperienza si fonda su un lavoro di formazione e di ricerca, che mi ha permesso di promuovere e validare una metodologia di approccio al paziente oncologico attraverso la sua narrazione dell’evento-malattia a partire dalla diagnosi e per tutto il suo percorso di cura.

Questo percorso si realizza ad esempio con le pazienti della Breast Care Unit in un iter pre e post operatorio e nella possibilità di dare continuità a supporto e nella presa in carico delle pazienti.

Occorre tener presente la conoscenza delle diversità e specificità delle varie patologie oncologiche, del loro stadio e progressione, delle risorse personologiche e psicosociali e dei pazienti, e del percorso che si affrontano anche con i loro caregiver.

Per tutto ciò ritengo necessario un training che preveda sia l’apprendimento di contenuti formativi che la messa in pratica di taglio e conoscenze nel setting psiconcologico”.

 

 

Dott.ssa Tunno:- “Prof.ssa, quanto è importante la relazione e quindi la comunicazione per il paziente oncologico e di conseguenza per i suoi familiari?”

 

Prof.ssa De Caro:– “Ritengo della comunicazione-psiconcologia una parte essenziale nel processo sia di diagnosi che di cura. Attraverso l’adozione di modelli di intervento clinico estesi al sistema familiare e alla vita di relazione del paziente, noi lavoriamo, ed è possibile quindi lavorare sulle rappresentazioni di malattia, le strategie di coping, l’immagine corporea, la resilienza dei pazienti al distress, migliorandone complessivamente la prognosi e anche il carico assistenziale dei propri caregiver.

Quindi, per liberarsi dalla paura e dal non senso che il dolore porta con sé, diventano fondamentali i processi di recupero e integrazione del sé attraverso un lavoro con le parole sulle parole.

Tutti noi vorremmo il passaporto buono, quello della salute, ma quando ciò non avviene, è infatti possibile utilizzare la comunicazione e il supporto emotivo e sociale come opportunità di cambiamento, trasformando l’esperienza diretta di malattia in una risorsa per poter reinvestire nel proprio benessere”.

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